CRISTIAN
Una catena lunga quasi trent’anni…


COSTANTIN
Per la sua grande testimonianza di coraggio nel lottare contro le avversità della vita!

<<Uno su mille ce la fa>>
E’ un istituto di 1.200 bambini con camere da 96 bimbi/ragazzi e lettini coperti di nylon, dove si dormiva in due (anche per difendersi dal freddo intenso). Non gli viene certo risparmiata la vita dura di tutti i bambini abbandonati in quegli inumani istituti: dai ragazzi più grandi è picchiato, mandato a mendicare e costretto a mangiare gli alimenti scaduti dei poveri negozi dell’epoca. Terminate le classi medie, chiede di andare al conservatorio per il suo speciale talento nel canto (n.d.t.: ha una bellissima voce alla “Celentano”) ma il direttore della scuola lo spedisce al liceo tecnico agricolo. Così funzionava in quegli anni di totale caos. Riesce però a coltivare ugualmente la passione per la musica e il canto con anche un bel successo al Freshmen’s Ball, grazie all’invito dei suoi amici. Canta per varie band, per programmi di danza e musica pop serba, recuperando qualche soldo per la scuola. Nel 1989, sedicenne, insieme ad alcuni amici partecipa alla rivoluzione che depone il dittatore Ceusescu; lui fa la guardia alla metropolitana di Bucarest. Terminata la scuola a 18 anni è “gettato in strada” e si trova totalmente solo. Si unisce quindi a un gruppo di quaranta giovanissimi facendo il “ragazzo randagio” di treno in treno (lì almeno c’era caldo) per poi però riuscire ad organizzare una protesta davanti al Ministero di Bucarest e almeno una proroga della permanenza nel Collegio di Barlad, dove ritorna per quattro anni (meglio che i treni!). Esce e trova casa e lavoro presso una serra; questo gli dà sicurezza e prende sotto la sua protezione una ragazza “randagia come lui”; una terribile notte la difende da una violenza sessuale di un giovane ubriaco. Questa è la vita e i pericoli di questi giovani abbandonati dalla società. Dopo una relazione di due anni con la ragazza, questa rimane incinta e per fortuna le danno una stanza all’orfanotrofio. Ma la ragazza, partorita una bimba, se ne va in Italia e poi in Portogallo lasciando Costantin “ragazzo padre” con la bimba che lui cresce fino all’età di 9 anni, con l’aiuto dei suoi amici orfani. Trovato un lavoro per la Caritas di Timisora, impara a operare per gli altri nei casi di calamità. Trova lavori come facchino al mercato, ove conosce Angela, una ragazza molto timida di Lugoj, di padre tedesco e mamma ungherese, in mano ai trafficanti di essere umani. La ragazza viveva sotto il Ponte Traian di Timisoara con un figlio. Un ambiente terribile, insieme ai ragazzi che inalano la colla (il tristemente famoso Eurolac). Rimasta nuovamente incinta dal suo “protettore”, la nuova nata viene presa dagli assistenti sociali. Costantin si prende carico di Angela e il suo bambino, vivendo con loro praticamente in una stalla. Per fortuna il Comune, attivato dai giornali, gli dà una camera in un vecchio edificio di Lugoj (ogni tanto, negli svincoli della vita, un angelo custode lo aiuta e questo gli dà sicurezza). Gli effetti della vita travagliata non tardano però a manifestarsi con due gravi episodi di perdita di sangue dovuta a una forte bronchite non curata. Da questi fatti sono nati comprensibili attacchi di panico, che continuano anche ora ma lui impara a gestirli, non nascondendoli nemmeno in famiglia (è davvero un bel modo per combatterli). Piano piano, iniziando una vita più normale, prova a recuperare la prima figlia ma le autorità non lo permettono per evidenti impossibilità di mantenimento. Con Angela, nascono altri bambini.

Costantin è cresciuto in un ambiente decisamente duro e avrebbe potuto diventare un disgraziato o delinquente ma non ha deposto le armi continuando a lottare per il sogno di una vita migliore ed è riuscito. Non si è arreso, come purtroppo avviene per la stragrande maggioranza di questi casi di ragazzi orfani. Lui è arrivato ad apprezzare quella “normalità di vita” che molti di noi non sanno di avere e godere. Grazie Costantin, lunga vita a te, alla tua famiglia e alla tua collaborazione con noi nel “Turismo davvero solidale”!
BENIAMIN

PAUL
Fin che c’è vita… c’è speranza

La Storia di Paul è una storia che dà speranza perché si fonda sulla speranza.
Paul a trent’anni ha deciso di scommettere sul futuro insieme a un caro amico e dimostrare come è possibile invertire anche il vecchio adagio “finché c’è vita, c’è speranza”, perché non sempre le persone riescono a reagire alle situazioni difficili. Ma sicuramente è vero il suo inverso “finché c’è speranza, c’è vita!”, poiché diventa sicuramente difficile vivere senza la speranza.
Paul è di Anina, una cittadina della Romania sud occidentale e per quanto sia cresciuto in una famiglia di ceto medio e abbia avuto occasione di studiare, come tutti i ragazzi che vivono e crescono in una zona economicamente depressa ha dovuto affrontare le sue difficoltà, legate soprattutto alle prospettive sul futuro. La regione è una delle zone più belle della Romania dal punto di vista naturalistico ma anche tra le più povere. Anina stessa, ex cittadina mineraria ed ex sede di una centrale elettrica a carbone, ha subito il trauma della chiusura della miniera ed è tuttora oggetto di diaspora.
Nella zona non c’è lavoro, i servizi sono pochi, i negozi si contano sulle dita di una mano e lo stato è quasi assente; un luogo per il quale verrebbe da chiedersi che speranze ci sono. Paul però la speranza l’ha trovata, l’ha intravista nella bellezza naturalistica che circonda interamente la cittadina al confine del grande parco nazionale di Semenic Cheile, con il bellissimo lago Buhui e i suoi meravigliosi e lussureggianti boschi di faggi e betulle; la cittadina tra l’altro si trova anche a due passi dal lussureggiante Parco Nazionale Cheile Nerei Beușnița. La speranza l’ha trovata nella prospettiva di offrire un servizio, prima quasi assente, ai turisti che in quelle zone passano in ogni stagione, attratti dalle riscoperte bellezze naturali. La speranza l’ha trovata nella voglia di non lasciare la propria terra come invece molti altri compaesani, decidendo di tirarsi su le maniche, costruire qualcosa lì proprio dove si trovava e provare a cambiare così il destino, suo e magari anche quello di tanti.
Paul ha aperto nella sua città un suggestivo alberghetto e lo ha fatto con l’aiuto del suo amico Manu, ex minatore, di poco più grande di lui, costruito con le loro stesse mani, quasi interamente in legno e pietra; una piccola bomboniera che in questo momento può vantare già sei stupende camere doppie, ognuna diversa dall’altra, altre due camere in costruzione, una grande cucina comune attrezzatissima, un cortile riparato perfetto per rilassarsi con aperitivi e grigliate post escursione e una jacuzzi di cui i clienti possono godere in estate e in inverno. I turisti italiani che ha ospitato sono rimasti esterrefatti dai sorprendenti e originalissimi risultati.
Quel che colpisce di Paul è la sua grande volontà: invece di scappare in un’altra parte del paese o in altra nazione (essendo la Romania in Europa è relativamente semplice emigrare) lui ha deciso di restare e credere alle sue idee. Sono persone come lui che rendono qualunque territorio recuperabile, che rendono tutto possibile e che fanno capire che effettivamente “fin che c’è speranza … c’è vita”! Nelle cose che si fanno bisogna crederci, nel futuro bisogna crederci e Paul ha dimostrato con le sue azioni che è possibile farlo!
